IPCC: tutto quello che c’è da sapere sul sesto report

IPCC

Il 20 marzo 2023 è finalmente stato pubblicato il tanto atteso IPCC (Sesto Rapporto di Valutazione del Gruppo Intergovernativo di Esperti sul Cambiamento Climatico).

Per poterlo elaborare sono stati impiegati ben otto anni!

Il tema del IPCC è chiaramente la lotta al cambiamento climatico.

Chiariamo tutti i dubbi che ci sono attorno allo sviluppo di questo rapporto.

Ti spiegherò in maniera chiara cos’è esattamente l’IPCC e di cosa si occupa.

Analizzerò infine tutto il contenuto del sesto e ultimo rapporto.

Che cos’è l’IPCC e di cosa si occupa?

L’IPCC raccoglie, esamina e valuta le più recenti informazioni scientifiche, tecniche e socio-economiche prodotte in tutto il mondo dai Paesi membri (le 195 nazioni dell’Onu) mettendo insieme i dati per la comprensione dei cambiamenti climatici.

I lavori per l’elaborazione e la raccolta di questi dati hanno coinvolto ben 234 esperti scientifici che si sono occupati degli aspetti concreti dei cambiamenti climatici.

Centinaia di scienziati si sono occupati di studiare e valutare gli impatti, dell’adattamento e della vulnerabilità ai cambiamenti climatici.

Molti altri si sono interessati alla mitigazione dei cambiamenti climatici.

Questo rapporto di sintesi dell’IPCC in definitiva fornisce la più completa e migliore valutazione scientifica disponibile in materia di cambiamento climatico.

Dove ha sede l’IPCC?

Fondata Dall’ONU nel 1988, ha sede e si svolge a Ginevra. La sua attività principale è la pubblicazione di rapporti periodici sullo stato dei cambiamenti climatici.

La sigla di Intergovernmental Panel on Climate Change, si pone lo scopo di valutare, su basi scientifiche, tecniche e socioeconomiche, il rischio dei cambiamenti climatici indotti dall’uomo e le loro possibili conseguenze.

Cosa è emerso dal sesto rapporto dell’IPCC?

I cambiamenti climatici sono una delle maggiori minacce ambientali sociali ed economiche. Come afferma il gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), il riscaldamento del sistema climatico è un fatto inequivocabile.

L’art. 6 del rapporto dell’IPCC è quello che di maggiore interesse.

Descrive in maniera dettagliata le devastanti conseguenze dell’aumento delle emissioni di gas serra in tutto il mondo – ad esempio la distruzione di case, la perdita di mezzi di sostentamento e la frammentazione delle comunità – e i rischi sempre più pericolosi e irreversibili derivanti da una mancata inversione di rotta.

L’IPCC offre anche soluzioni! Evidenzia infatti i possibili percorsi da intraprendere per evitare l’intensificarsi di questi rischi.

Cosa suggerisce l’IPCC in particolare?

Identifica azioni immediatamente realizzabili e, in alcuni casi, altamente efficaci dal punto di vista dei costi, che possono essere intraprese fin da ora per ridurre le emissioni di gas serra, intensificare il processo di rimozione del carbonio e costruire la resilienza.

L’IPCC afferma che è possibile ancora garantire un futuro sicuro e vivibile. Questo comporta una presa di coscienza globale e generale e un cambiamento di rotta inevitabile.

Cosa accade al Pianeta secondo l’IPCC?

IPCC

Il riscaldamento globale di 1,1 gradi centigradi indotto dall’uomo ha provocato cambiamenti del clima terrestre senza precedenti nella storia umana recente.

Sapevi che ogni 0,5 gradi di aumento della temperatura globale, comporta un aumento della frequenza e del caldo estremo, delle precipitazioni intense e delle siccità estrema?

Secondo l’IPCC le ondate di calore che si verificano una volta ogni 10 anni saranno 4,1 volte più frequenti! Ciò comporterà un surriscaldamento di 1,5 gradi.

Cosa comporta l’aumento della temperatura globale secondo l’IPCC?

L’aumento delle temperature globali innalza anche la probabilità di raggiungere pericolosi punti di non ritorno nel sistema climatico.

Cosa vuol dire? Semplice, l’innesco di retroazioni auto-amplificanti che aumentano ulteriormente il riscaldamento globale, come lo scongelamento del permafrost o il massiccio fenomeno del deperimento delle foreste.

Temperatura in aumento e danni correlati secondo il rapporto dell’IPCC

IPCC report

Gli impatti negativi del clima sono già più estesi ed estremi del previsto.

La scarsità delle risorse è uno dei problemi più centrali! Circa la metà della popolazione mondiale deve attualmente affrontare una grave carenza d’acqua per almeno un mese all’anno.

Le temperature più elevate inoltre stanno favorendo la diffusione di malattie come la malaria, il virus del Nilo occidentale e la malattia di Lyme. Anche se non sembra o non ci rendiamo conto tutto è assolutamente collegate ai danni ambientali causati dall’uomo, anche l’incremento e la diffusione delle malattie!

Il cambiamento climatico ha anche rallentato i progressi della produttività agricola.

Dal 2008, inondazioni e tempeste estreme hanno costretto oltre 20 milioni di persone ad abbandonare le proprie case ogni anno.

Ogni minimo rialzo di temperatura intensifica queste minacce.

Al livello odierno di riscaldamento, ad esempio, 950 milioni di persone nelle zone aride del mondo subiranno stress idrico, stress termico e desertificazione, mentre la percentuale di popolazione globale esposta alle inondazioni aumenterà del 24%.

Tutto questo è più che allarmante!

Ma non è tutto. L’aumento delle temperature sarà nel breve periodo conseguenza diretta dell’estinzione di alcune specie. Un’ambiente troppo caldo diventa ostile e invivibile.

Cosa si può fare per evitare queste conseguenze secondo l’IPCC?

Limitare l’entità e la durata del superamento di 1,5 gradi C è fondamentale per garantire un futuro sicuro e vivibile.

Facciamo abbastanza per l’ambiente? Secondo l’IPCC no!

che cos'è IPCC

Le politiche climatiche di almeno 170 Paesi al mondo tengono a cuore il tema e hanno posto in essere azioni mirate ad arginare i danni.

Ma i Paesi poveri e sottosviluppati? Non in tutti i luoghi di mondo c’è sensibilizzazione e conoscenza del tema oltre che della minaccia.

Proprio questi Paesi secondo l’IPCC risultano i più problematici. Questa disparità tra i livelli di adattamento attuali e quelli necessari, persiste in gran parte a causa dei finanziamenti limitati. Secondo l’IPCC, i soli Paesi in via di sviluppo avranno bisogno di 127 miliardi di dollari all’anno entro il 2030 e di 295 miliardi di dollari all’anno entro il 2050 per adattarsi ai cambiamenti climatici. Ma i fondi per l’adattamento hanno raggiunto appena 23-46 miliardi di dollari tra il 2017 e il 2018, rappresentando solo il 4%-8% dei finanziamenti climatici previsti.

La buona notizia è che l’IPCC ritiene che, con un sostegno sufficiente, le soluzioni di adattamento collaudate e immediatamente disponibili possono aumentare la resilienza ai rischi climatici e, in molti casi, fornire contemporaneamente benefici più ampi in termini di sviluppo sostenibile.

Cosa si può fare per contribuire a ristabilire l’equilibrio? Molte misure di adattamento basate sugli ecosistemi (tra cui la protezione, il ripristino e la gestione sostenibile degli ecosistemi, nonché pratiche agricole più sostenibili come l’integrazione degli alberi nei terreni agricoli e l’aumento della diversità delle colture ) possono essere attuate oggi a costi relativamente bassi.

I danni del riscaldamento secondo l’IPCC

In tutto il mondo, persone ed ecosistemi altamente vulnerabili stanno già lottando per adattarsi agli impatti dei cambiamenti climatici.

Esistono misure di adattamento efficaci, tuttavia tanti sono ancora gli ostacoli economici, politici e sociali.

Quali? La mancanza di supporto tecnico o l’inadeguatezza dei finanziamenti che non raggiungono le comunità dove sarebbero più necessari.

Le comunità costiere dei paesi tropicali, ad esempio, hanno visto morire interi sistemi di barriere coralline che un tempo servivano al loro sostentamento e alla loro sicurezza alimentare, mentre l’innalzamento del livello del mare ha costretto altri comuni situati a ridosso della costa a spostarsi su terreni più alti e ad abbandonare i siti culturali.

Agire subito è la parola d’ordine per lPCC

È necessario agire con urgenza per prevenire, minimizzare e affrontare queste perdite e questi danni.

In occasione della COP27, i Paesi hanno compiuto un passo avanti fondamentale concordando di stabilire modalità di finanziamento per le perdite e i danni, compreso un fondo dedicato.

Sebbene questo rappresenti una svolta storica nei negoziati sul clima, i Paesi devono ora definire i dettagli di come questi accordi di finanziamento si realizzeranno nella pratica.

Secondo l’IPCC il mondo che conosciamo adesso non sarà più lo stesso.

cosa significa la sigla IPCC

L’IPCC ritiene che ci sia più del 50% di possibilità che l’aumento della temperatura globale raggiunga o superi 1,5 gradi C tra il 2021 e il 2040 negli scenari studiati e, in particolare, in un percorso ad alte emissioni, il mondo potrebbe raggiungere questa soglia anche prima, tra il 2018 e il 2037.

L’aumento della temperatura globale in uno scenario ad alta intensità di carbonio potrebbe anche aumentare da 3,3 a 5,7 gradi C entro il 2100.

Cambiare rotta per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi C richiede profonde riduzioni delle emissioni di gas serra nel breve termine.

Nei percorsi ipotizzati per limitare il riscaldamento globale a questo obiettivo, le emissioni di gas serra raggiungono il picco massimo immediatamente, al più tardi entro il 2025. Poi diminuiscono rapidamente, riducendosi del 43% entro il 2030 e del 60% entro il 2035, rispetto ai livelli del 2019.

Sebbene ci siano alcuni punti positivi i progressi globali nella lotta ai cambiamenti climatici secondo l’IPCC rimangono terribilmente in ritardo.

L’abolizione dei combustibili fossili è il primo passo!

L’abolizione dei combustibili fossili è fondamentale per la lotta al cambiamento la cancellazione di nuovi progetti, l’adeguamento delle centrali elettriche a combustibili fossili con tecnologie di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica (CCS) e l’aumento delle fonti di energia rinnovabile come l’energia solare ed eolica (che ora sono più economiche dei combustibili fossili in molte regioni).

Secondo i dati dell’IPCC negli scenari che limitano il riscaldamento a 1,5 gradi C, ad esempio, l’uso globale del carbone diminuisce del 95% entro il 2050, quello del petrolio di circa il 60% e quello del gas di circa il 45%. Queste cifre presuppongono un uso significativo di tecnologie di abbattimento come la CCS; senza di esse, questi stessi percorsi mostrano cali molto più ripidi entro la metà del secolo. L’uso globale del carbone senza CCS, ad esempio, viene praticamente eliminato entro il 2050.

Sebbene le centrali a carbone stiano iniziando a essere dismesse in Europa e negli Stati Uniti, alcune istituzioni multilaterali di sviluppo continuano a investire in nuove strutture a carbone. Se non si cambia rotta, si rischia di perdere risorse per un valore di migliaia di miliardi di dollari.

Come garantire un sistema a 0 emissioni secondo il rapporto dell’IPCC

Sebbene i combustibili fossili siano la prima fonte di emissioni di gas serra, per combattere la crisi climatica sono necessari tagli profondi alle emissioni in tutta la società. La produzione di energia elettrica, gli edifici, l’industria e i trasporti sono responsabili di quasi l’80% delle emissioni globali, mentre l’agricoltura, la silvicoltura e altri usi del suolo sono responsabili della quota di emissioni restanti.

Prendiamo ad esempio il sistema dei trasporti. Per ridurre drasticamente le emissioni sarà necessaria una pianificazione urbana che riduca al minimo la necessità di spostarsi, nonché la diffusione di trasporti condivisi, pubblici e diversi da quelli motorizzati, come il trasporto rapido e la bicicletta nelle città. Questa trasformazione comporterà anche un aumento dell’offerta di veicoli elettrici per passeggeri, veicoli commerciali e autobus, insieme all’installazione su larga scala di infrastrutture di ricarica rapida, investimenti in carburanti a zero emissioni di carbonio per il trasporto marittimo e l’aviazione e altro ancora.

Ma com’è possibile tutto questo? Ad esempio sovvenzionando le tecnologie a zero emissioni e tassando le tecnologie ad alte emissioni come le auto a combustibile fossile. La progettazione delle infrastrutture – come la riassegnazione dello spazio stradale per marciapiedi o piste ciclabili – può aiutare le persone a passare a stili di vita a basse emissioni. È importante notare che queste trasformazioni comportano anche molti benefici collaterali. Ridurre al minimo il numero di veicoli passeggeri in circolazione, ad esempio, riduce l’inquinamento atmosferico locale e gli incidenti e i decessi legati al traffico.

La decarbonizzazione: lo strumento per limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi centigradi.

Cosa dice IPCC

Una profonda decarbonizzazione in tutti i sistemi, costruendo al contempo la resilienza, non sarà tuttavia sufficiente per raggiungere gli obiettivi climatici globali. L’IPCC ritiene che tutti i percorsi che limitano il riscaldamento a 1,5 gradi C dipendano da una certa quantità di rimozione del carbonio. Questi approcci comprendono sia soluzioni naturali, come il sequestro e lo stoccaggio del carbonio negli alberi e nel suolo, sia tecnologie più recenti che estraggono l’anidride carbonica direttamente dall’aria.

Tutti gli approcci di rimozione del carbonio hanno pregi e difetti. La riforestazione, ad esempio, rappresenta una strategia facilmente disponibile e relativamente a basso costo che, se attuata in modo appropriato, può offrire un’ampia gamma di benefici alle comunità. Tuttavia, il carbonio immagazzinato in questi ecosistemi è anche vulnerabile a disturbi come gli incendi selvaggi, che potrebbero aumentare in frequenza e gravità con l’ulteriore riscaldamento. Inoltre, sebbene tecnologie come la bioenergia con cattura e stoccaggio del carbonio (BECCS) possano offrire una soluzione più permanente, tali approcci rischiano anche di spostare le coltivazioni, minacciando così la sicurezza alimentare. La ricerca, lo sviluppo e l’impiego responsabile delle tecnologie emergenti per la rimozione del carbonio, accanto agli approcci naturali esistenti, richiederà quindi un’attenta comprensione dei benefici, dei costi e dei rischi specifici di ciascuna soluzione.

Secondo l’IPCC servono più finanziamenti

L’IPCC ritiene che i flussi finanziari pubblici e privati per i combustibili fossili superino oggi di gran lunga quelli destinati alla mitigazione e all’adattamento climatico. Pertanto, mentre i finanziamenti pubblici e privati annuali per il clima sono aumentati di circa il 60% dal Quinto Rapporto di Valutazione dell’IPCC, è ancora necessario molto di più per raggiungere gli obiettivi globali sul cambiamento climatico. Ad esempio, i finanziamenti per il clima dovranno aumentare da 3 a 6 volte entro il 2030 solo per raggiungere gli obiettivi di mitigazione.

Questo divario è maggiore nei Paesi in via di sviluppo, in particolare in quelli che stanno già lottando con il debito, le scarse valutazioni del credito e gli oneri economici derivanti dalla pandemia COVID-19. I recenti investimenti per la mitigazione, ad esempio, devono aumentare di almeno sei volte nel Sud-est asiatico e nei Paesi in via di sviluppo del Pacifico, di cinque volte in Africa e di quattordici volte in Medio Oriente entro il 2030 per mantenere il riscaldamento al di sotto dei 2 gradi C. E tra i vari settori, questo deficit è più pronunciato per l’agricoltura, la silvicoltura e altri usi del suolo, dove i recenti flussi finanziari sono da 10 a 31 volte inferiori a quelli necessari per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.

Il cambiamento climatico responsabile delle diseguaglianze per l’IPCC

Le famiglie più ricche, tra cui una quota relativamente ampia nei Paesi sviluppati, emettono oltre il 45% dei gas serra a livello mondiale, mentre le famiglie meno benestanti emettono al massimo il 15%. Tuttavia, gli effetti del cambiamento climatico hanno già colpito – e continueranno a farlo – le comunità più povere e storicamente emarginate.

Oggi, tra i 3,3 e i 3,6 miliardi di persone vivono in Paesi altamente vulnerabili agli impatti climatici, con focolai globali concentrati nell’Artico, nell’America centrale e meridionale, nei piccoli Stati insulari in via di sviluppo, nell’Asia meridionale e in gran parte dell’Africa sub-sahariana. In molti Paesi di queste regioni, i conflitti, le disuguaglianze esistenti e le sfide dello sviluppo (ad esempio, la povertà e l’accesso limitato ai servizi di base come l’acqua potabile) non solo aumentano la sensibilità ai rischi climatici, ma limitano anche la capacità di adattamento delle comunità.  La mortalità dovuta a tempeste, inondazioni e siccità, ad esempio, è stata 15 volte superiore nei Paesi con alta vulnerabilità ai cambiamenti climatici rispetto a quelli con vulnerabilità molto bassa tra il 2010 e il 2020.

Allo stesso tempo, gli sforzi per mitigare il cambiamento climatico rischiano anche di provocare cambiamenti devastanti e di aggravare le disuguaglianze. La dismissione delle centrali a carbone, ad esempio, può provocare il trasferimento dei lavoratori, danneggiare le economie locali e riconfigurare il tessuto sociale delle comunità, mentre gli sforzi per frenare la deforestazione, attuati in modo inappropriato, potrebbero aumentare la povertà e intensificare l’insicurezza alimentare. Inoltre, alcune politiche climatiche, come le tasse sul carbonio che aumentano il costo dei beni ad alta intensità di emissioni, come la benzina, possono rivelarsi addirittura regressive, in assenza di sforzi per reimpiegare le entrate derivanti da queste imposte in programmi a beneficio delle comunità a basso reddito.

Fortunatamente, l’IPCC identifica una serie di misure che possono favorire una giusta transizione e contribuire a garantire che nessuno venga lasciato indietro mentre il mondo si muove verso un futuro a emissioni nette zero e resistente al cambiamento climatico.

Ad esempio, i governi possono associare gli sforzi per eliminare gradualmente la produzione di elettricità prodotta dal carbone con programmi di riqualificazione professionale sovvenzionati che sostengano i lavoratori nello sviluppo delle competenze necessarie per ottenere nuovi posti di lavoro di alta qualità. Oppure, in un altro esempio, i funzionari possono associare interventi politici dedicati ad aumentare l’accesso ai trasporti pubblici con interventi per migliorare le possibilità di trovare alloggi a prezzi accessibili nelle zone limitrofe.

Cosa propone il report dell’IPCC per arginare i danni?

L’AR6 dell’IPCC chiarisce che i rischi legati alla mancata azione sul clima sono immensi e che la strada da percorrere richiede un cambiamento di portata mai vista prima. Tuttavia, questo rapporto serve anche a ricordare che non abbiamo mai avuto così tante informazioni sulla gravità dell’emergenza climatica e dei suoi possibili impatti – o su ciò che è necessario fare per ridurre l’intensificarsi dei rischi.

Limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi C è ancora possibile, ma solo se agiamo immediatamente. Come chiarisce l’IPCC, il mondo deve raggiungere il picco delle emissioni di gas serra al più tardi entro il 2025, quasi dimezzare le emissioni di gas serra entro il 2030 e arrivare a emissioni nette di CO2 intorno alla metà del secolo, garantendo al contempo una transizione giusta ed equa. Avremo anche bisogno di un approccio “all hands-on-deck” per garantire che le comunità che subiscono gli impatti sempre più dannosi della crisi climatica abbiano le risorse necessarie per adattarsi a questo nuovo mondo. I governi, il settore privato, la società civile e i singoli individui devono farsi avanti per mantenere il futuro che desideriamo. La speranza è l’ultima a morire, ma non c’è un solo secondo da sprecare.

E tu? Quali azioni intraprenderesti per migliorare la situazione e contribuire in maniera attiva alla lotta al cambiamento climatico?

Buona esperienza green, Vicky.

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