Siamo entrati a pieno ritmo nell’autunno, le giornate si accorciano progressivamente e a fine mese ci sarà anche il cambio dell’ora, che passerà da legale a solare: insomma, è iniziato il conto alla rovescia per riportare le lancette indietro di un’ora.
Un passaggio ormai consueto che però potrebbe essere anche l’ultima volta che si ripete.
Poco più di 3 anni fa, tra luglio e agosto 2018, è infatti stata avanzata la proposta di abolizione del cambio dell’ora: quasi 5 milioni di cittadini dell’Unione Europea hanno risposto a una consultazione: a esprimersi favorevolmente è stato il 76% dei votanti.
Ma quali sarebbero le motivazioni di questa decisione? Stando agli esperti non vi sono più i benefici di risparmio energetico per i quali la misura era stata introdotta negli anni 70 e, al contrario, i cambi semestrali generano impatti negativi sulla salute conseguenti ai problemi di adattamento da parte degli individui.
È davvero così?
Secondo Terna, il gestore della rete elettrica italiana, nel 2017 l’ora legale ha fatto risparmiare al nostro Paese 567 milioni di kilowattora, pari al consumo medio annuo di circa 200 famiglie, quantificato in 110 milioni di euro. L’orario estivo farebbe consumare meno anche dal punto di vista ambientale, con 320 mila tonnellate di anidride carbonica non immessa nell’ambiente.
Non tutti, però, sono d’accordo. Secondo uno studio dell’Europarlamento lo spostamento delle lancette farebbe guadagnare solo lo 0,34% dell’energia consumata a livello europeo, con variazioni significative da Stato a Stato. Nei Paesi nordici, infatti, gli effetti dell’ora legale sono molto più ridotti, perché le ore di luce in estate sono maggiori per via della latitudine. Ricerche pubblicate in Norvegia e Svezia, ad esempio, stimano i risparmi rispettivamente in 16 e 30 milioni di euro, dunque molto meno rispetto a un paese come l’Italia.
Nella discussione che è seguita alla Commissione Europea non si è raggiunta una decisione univoca che accontentasse tutti i Paesi membri.
Ma cosa accadrà dunque?
Ogni paese avrà la possibilità di decidere se mantenere l’ora legale tutto l’anno, piuttosto che quella solare.
Trovare da parte degli Stati membri un’armonizzazione appare una priorità, perché altrimenti un’eccessiva frammentazione porterebbe a conseguenze negative, specialmente per il settore del turismo, con rischio di limitare la mobilità delle persone, viste le nuove complessità.
Per quanto riguarda la scelta tra ora solare o legale, l’Italia non ha ancora preso una decisione, ma dal punto di vista turistico per il nostro Paese sarebbe sicuramente un beneficio l’adozione della seconda opzione perché favorirebbe una migliore fruizione dei territori e un’esperienza di viaggio più intensa.
Se possono essere intuibili eventuali risparmi elettrici, cosa ci azzecca il turismo? Si allungano le mezze stagioni turistiche, in autunno e primavera, e c’è più luce di sera, quando la gente è in giro e le attrazioni turistiche sono aperte. L’ideale per l’Homo turisticus, poichè il prolungarsi della luce pomeridiana consente più escursioni, con una più alta soddisfazione e propensione a spendere.

Si tratta quindi di un mero motivo economico?
Non solo. Avere più luce in autunno e primavera permette di rendere più attrattivi due periodi dell’anno in cui il turismo è generalmente meno intenso. Nei fatti ciò significa avere più possibilità di destagionalizzare, uno dei punti cardine del turismo sostenibile.
Dal punto di vista ambientale, avere dei flussi costanti consente di programmare le risorse in maniera più accurata, evitando gli sprechi e potendo sempre garantire l’approvvigionamento in maniera più sostenibile possibile, cosa non garantita in situazioni di emergenza. Una struttura che ha installato i pannelli fotovoltaici nei momenti di alta stagione dovrà prelevare energia dalla rete, non necessariamente verde; al contrario si troverà con un surplus di energia in bassa stagione. Anche la problematica dello stress idrico troverebbe evidente giovamento dalla destagionalizzazione.
Ridurre la pressione turistica in determinati luoghi elimina anche gli impatti negativi sociali sulla popolazione locale, che in alcuni territori si ritrova letteralmente invasa dai viaggiatori, tanto da sentirsi costretta a lasciare le città. In situazioni di grande affollamento diventa anche difficile gestire in maniera corretta i servizi pubblici , come il trasporto e la raccolta dei rifiuti, con impatti negativi tanto sui residenti che sui viaggiatori stessi.
Economicamente parlando, avere un’attività turistica distribuita in maniera più o meno omogenea durante l’anno consente ai gestori di strutture ricettive e tutto l’indotto del settore di avere entrate regolari per mantenere la propria attività e pianificare gli investimenti.
Ovviamente, la decisione sull’ora non potrà dipendere solo dal settore dei viaggi, ma si vuole cogliere l’occasione, considerando che la scelta va presa dopo aver svolto un’attenta analisi dei costi e benefici.